Quando i ragazzi mi hanno regalato la foto l’ho incorniciata e appesa subito dietro la scrivania per testimoniare un momento di gioia; oggi quando la guardo, mi ritrovo sempre con un groppo in gola e mando indietro a fatica la tristezza. Nel gruppo, infatti, c’è un ragazzo che non c’è più. Ha una faccia ancora da bambino, con un curioso taglio di capelli che me lo ha fatto assomigliare sempre a un passerotto che sta mettendo le prime piume. Si chiama Francesco Alviti, è morto nemmeno un anno dopo quello scatto, per una malattia tanto rapida quanto crudele.

eri sera, a Ceccano in una piazzetta (piena di gente) che sta sotto la finestra della sua casa, da dove pendeva per l’occasione un festone che è un suo ritratto mentre sta (forse) davanti a uno xilofono, i giovani studenti di percussione del Conservatorio, diretti dai due straordinari maestri delle loro classi, Carlo Di Blasi e Antonio Caggiano, hanno dato vita a uno spettacolo intenso, divertente, suonando quegli strumenti che appartennero a Francesco e che oggi sono stati donati dai suoi genitori al Conservatorio perché altri giovani possano imparare e renderli vivi.
Il memorial Francesco Alviti dura una settimana e quest’anno ha visto esibirsi circa trecentocinquanta giovani artisti, di bande, orchestre, ensemble. Molti di loro hanno conosciuto Francesco, tanti altri no; eppure anche questi sono amici di Francesco che così continua, anche adesso che non c’è più, a farsi degli amici e ad adoperarsi in modo che i suoi amici, grazie a lui, incontrino altri amici.
Tarcisio Tarquini
presidente del Conservatorio Licinio Refice – Frosinone
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