martedì 17 marzo 2009

Pietro e Vittoria, per l'amicizia cari, per il primato del dolore sacri

Pietro e Vittoria, per l'amicizia cari, per il primato del dolore sacri, comunque si commentino questi recenti giorni di sventura e di gloria, è evidente che stiamo vivendo una tragedia dei nostri giorni, una tragedia contemporanea.
Ma le affinità con la implacabile sapienza della mitologia, della sua eterna, incomprensibile classicità è il tratto più stupefacente: anche oggi vengono sacrificati i fanciulli, i giovani figli verginali: anche oggi, come ostie consacrate degli ostensori, si innalza, oltre la vita, il destino di Isacco e di Ifigenia, olocausti - questa è la novità - consapevoli.
E' questo che ha percepito l'esercito di studenti che hanno consacrato il giorno del commiato in una canonizzazione tragica e festiva. Perché nessun altro mi interessa la reazione se non degli studenti di questo liceo che, sul punto di dismettere il suo eponimo umanista, aspetta e cerca il nome adiacente alla sua nuova classicità, alla sua modernità, alla sua contemporaneità.

Io non posso dimenticare il silenzio intenso, il silenzio laico e repubblicano dei ragazzi nella mattina del Mozartaeum, sotto la pressione della vostra voce oracolare, nella commozione della sfortuna di Wolfang Amadeus.
Mi pare che questi ragazzi innalzino i loro luoghi alti, i loro altari, ognuno con il proprio contributo, così come i diecimila di Senofonte fondarono una mistica mensa di diecimila pietre per i compagni perduti. Francesco è figlio e fondatore di questo liceo.

I settecento di Ceccano non si riconoscono nella virtù lontana e discutibile di un personaggio sfuocato e deformato dalla storia - basta con questi crocianesimi - ma meritano di essere rappresentati e chiamati alla loro storia da uno di lro, dal giovane Dioniso che la catastrofe ha misteriosamente innalzato alla dignità allegorica del simbolo: Liceo Francesco Alviti.

Non altro.
Non senza lacrime.

Giuseppe Agostini, vostro amico umile ma intransitivo. G.A.

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